Facebook, il più popolare network a livello mondiale, ha festeggiato 15 anni di vita il 4 febbraio. Nato inizialmente come un semplice programma che permetteva di tenersi in contatto tra studenti dell’Università americana di Harvard, dove i suoi ideatori studiavano (Mark Zuckerberg, Eduardo Saverin, Andrew McCollum, Dustin Moskovitz e Chris Hughes), è diventato in pochi anni un fenomeno di massa capace di cambiare i paradigmi della comunicazione. Non parliamo solo della possibilità di riallacciare legami, ritrovando magari a distanza di decenni persone delle quali avevamo perso ogni traccia. L’implementazione con strumenti di comunicazione diretta come Messenger, ha ulteriormente potenziato questo programma, ora utilizzato oltre che da milioni di semplici cittadini, anche dal mondo dell’economia, del lavoro e della politica rendendolo di fatto uno strumento irrinunciabile, tanto da mutare sostanzialmente anche il modo di comunicare.
Facebook ha creato un nuovo luogo di confronto e spesso di scontro, diventando una piazza sconfinata, dove ognuno può scrivere quello che gli pare. Man mano che si creava un nuovo mondo e pure un nuovo linguaggio, sono comparse specie un tempo sconosciute, o per meglio dire confinate ad ambiti talmente ristretti da impedire loro di valicare nel migliore dei casi il confine del paese o del quartiere. ecco allora i leoni da tastiera, che usano i social come fossero una clava o gli analfabeti funzionali, che non solo non comprendono i messaggi che leggono, ma scrivono senza avere ben presente di cosa stiano parlano. C’è anche chi usa Facebook per veicolare messaggi precisi, spesso volutamente distorti, ma in questo caso si tratta di professionisti della comunicazione molto apprezzati da politici e altre categorie che hanno bisogno di consenso per puntellare la loro attività.
C’è chi non sopporta Fb, ma come al solito non è lo strumento in se stesso a essere sbagliato, quanto l’utilizzo che ne facciamo.