Luciano Zorzenone guida da tredici anni il Cordicom, Coordinamento dei comitati del Friuli Venezia Giulia per l’ambiente e la qualità della vita. Dopo aver lavorato prima come tecnico elettronico e poi come dirigente di un istituto di credito, ha deciso di dedicarsi alla causa ambientale e, in particolare, al supporto dei comitati spontanei formati dai cittadini per reagire a vicende locali, dalle antenne telefoniche alle casse di espansione.
Perché avete fondato il Cordicom?
“Ci siamo resi conto che su un medesimo problema, operavano gruppi di persone che si battevano in luoghi diversi, senza sapere l’uno dell’altro. E’ stato così nel caso della telefonia mobile a Udine, a Gorizia e a Pordenone dove operavano tre gruppi autonomi del tutto scollegati. Ecco dunque l’idea di raggrupparsi e di collaborare nell’ambito di un’unica struttura organizzata che ha riunito fino a 45 comitati, anche se ora il numero è inferiore, circa una quarantina, per il semplice motivo che alcuni hanno raggiunto il loro scopo”.
Si potrebbe definire il Cordicom come l’altra faccia dell’ambientalismo rispetto alle organizzazioni più blasonate?
“Operiamo sui problemi specifici, agiamo localmente su questione di carattere ambientale e legate alla qualità della vita che spesso sconfinano sull’’ambiente. Per esempio il disturbo alla quiete pubblica, il rumore, ha conseguenze ambientali e coinvolge anche chi vive in luoghi rumorosi”.
Cosa risponde a chi vi taccia di essere l’esempio concreto della sindrome Nimby?
“Che sbaglia l’analisi, perché non si tratta di dire no a qualsiasi cosa. Quando più persone si lamentano dello stesso problema vuol dire che c’è qualche cosa che non va. Il Coordinamento è nato perché in genere l’atteggiamento degli amministratori e di chi dovrebbe in genere evitare che sorga questo problema assume tre distinti atteggiamenti: prima ti ignorano, poi ti deridono e poi ti combattono, ma alla fine se la gente tiene duro vince. E’ in fondo quanto diceva Ghandi. Questo modo di fare avviene sempre e ovunque, per questioni di grande e piccola portata. Chi parla di sindrome Nimby, lo fa per deridere chi combatte i suoi guadagni”.
C’è anche chi afferma che i comitati siano la dimostrazione che la politica è incapace di ascoltare i cittadini.
“Se ci fosse più politica probabilmente i comitati non avrebbero ragione di esistere. Essi sorgono perché c’è poca politica e tanto partito. In un territorio, quando si è eletti, si diventa i rappresentanti dell’intera comunità e non solo di una sua parte. Le persone con le quali siamo costretti a confrontarsi ragionano sulla base di schemi partitici e tende ad irrigidirsi se il problema è evidenziato da chi non lo ha votato. Ecco perché raccomandiamo ai nostri comitati di essere il più trasversali possibili, di cooptare le persone che indipendentemente dal colore politico riconoscono e intendono affrontare un problema. Questo permette di incontrare l’amministratore con maggiore serenità, perché deve parlare anche con suoi elettori e tende a essere più disponibile al dialogo”.
Si può parlare di una sorta di ambientalismo a tempo, visto che tende a risolvere questioni puntuali salvo poi spegnersi?
“E’ un ambientalismo che agisce localmente, che pensa al nostro territorio. Ovvero, noi non combattiamo per difendere le balene, ma per i residenti di un luogo che stanno soffrendo a causa di un problema specifico”.
Come valuta lo stato dell’ambiente in questa regione?
“Il termine ambiente include molte questioni. Ci sono alcune criticità che sono state affrontate ma non risolte, come nel caso del Tagliamento, che non è un problema soltanto di Latisana. Assodato che le casse di espansione erano la scelta peggiore, è bene parlare dell’intera asta del fiume e non solo di Latisana, ben sapendo che ci sono varie tematiche da affrontare. In generale direi che uno dei problemi che più pesano sull’ambiente è l’agricoltura, o meglio il modo con la quale si pratica. La questione di fondo è il come si coltivano i campi, perché ci sono per esempio giovani che pure vorrebbero utilizzare pratiche più sostenibili e compatibili con l’ambiente, anziché insistere nelle coltivazioni intensive a base di granoturco e altro. L’esempio più eclatante è dato da cosa sta avvenendo a Bicinicco e Castions di Strada, dove molti di questi giovani agricoltori vorrebbero coltivare i campi a basso impatto producendo prodotti di qualità e devono fare i conti con iniziative insostenibili come la costruzione del campo da Golf. In realtà il golf centra molto poco. Questi due municipi hanno ricevuto la qualifica di Comune turistico marino per poter costruire senza troppi impedimenti un hotel da 330 camere e 325 villette da 150 metri quadrati l’una. Non solo questo progetto va avanti, ma non molto tempo fa i proponenti hanno chiesto di realizzare prima le villette, ma per fortuna gli hanno detto no. Si tratta di cementificazione bella e buona e questa sì è una tematica a forte valenza ambientale”.
Come valuti la gestione dell’ambiente da parte della Regione rispetto al passato?
“Noi operiamo da tredici anni. Rispetto a qualche anno fa la situazione è un po’ migliorata, ma ciò è avvenuto a macchia di leopardo, perché conta molto la buona volontà dei singoli che sono al comando”.
Alle manifestazioni di protesta si vedono spesso poche persone e tutte di una certa età: sarà mica che le cause ambientali sono affidate ai pensionati?
“Questo è ciò che appare a prima vista. In realtà il problema di fondo, con il quale facciamo spesso i conti, è la carenza di informazione da parte dei mass media. Spesso è filtrata e condizionata pesantemente dalle lobby e dalla proprietà delle testate. Ci siamo resi conto che certe notizie non compaiono o lo fanno per breve tempo, anche su Internet. Abbiamo quindi adottato un sistema alternativo, facendo l’informazione, con il vecchio sistema del porta a porta, parlando con le persone e coinvolgendole. E’ avvenuto così a Trivignano per contrastare l’ampliamento della discarica dell’Exe, progetto che siamo riusciti a bloccare. Il comitato che era sorto per sbarrare il passo all’iniziativa si era perso e abbiamo cominciato ad andare casa per casa portando volantini e nelle osterie, informando la gente di quanto stava avvenendo. Quando fu organizzata l’assemblea pubblica molti restarono fuori dalla sala. Potrei in tal senso citare molti casi. La vera sfida e far conoscere il problema alla gente. Se si riesce poi molte persone decidono di darsi da fare e questo vale anche per i giovani. Non sono tantissimi, masi danno da fare seriamente”.
Ricorda in modo particolare una battaglia vinta?
“Ce ne sono molte. Le casse di espansione sul Tagliamento, vita grazie a una partecipazione incredibile. I comitati hanno saputo indicare soluzioni alternative e non soltanto dire che non andavano costruite. Potrei però citare anche l’incremento della raccolta differenziata o l’informazione sui campi elettromagnetici prodotti dalle antenne telefoniche”.
A volte però i Comitati si fanno la guerra.
“Direi piuttosto che quando un problema coinvolge più Comuni a litigare sono i sindaci, soprattutto se la loro tessera di partito non coincide. Su argomenti particolari, inoltre non sempre c’è coincidenza di vedute soprattutto sei i comitati si confrontano con le grandi associazioni ambientaliste”.
Cosa ne pensa della vicenda dell’elettrodotto?
“Si può fare tutto, ma usando il buon senso. Nessuno discute della necessità di ammodernare la rete attuale. Il problema è come lo fai. Visto che vuoi realizzare un nuovo tracciato usa le tecnologie di domani e non quelle di ieri, come per esempio intendono fare in Piemonte per collegarsi alla Francia. E a proporlo è un privato e non la Terna. Ci sarà un motivo se hanno scelto questa opzione. Se guardiamo al futuro è del tutto evidente che parliamo di interramento delle linee”.
L’atteggiamento delle persone è cambiato in questi anni? Sono più attente o solo più insofferenti?
“La gente si muove se è informata e quando è interessata direttamente perché da un certo progetto subisce o teme un danno. Già di cosa accade nel Comune confinante importa poco. In ogni caso abbiamo capito che chiamare gente da fuori non è giusto ed è controproducente perché fornisce elementi in più contro il comitato locale. Lo stesso Cordicom preferisce che a parlare negli incontri pubblici sia sempre un rappresentante del Comitato locale”.
“Ormai non si può tornare indietro”, oppure “c’è crisi, non bisogna sprecare buone occasioni e bloccare lo sviluppo e i posti di lavoro”. Sembrano parole d’ordine quando ci si scontra con i grandi progetti.
“Siamo abituati ad ascoltarle, ma se l’interlocutore usa queste parole vuol dire che nasconde una fregatura. La nostra risposta parte dal dimostrare che ci sono soluzioni alternative plausibili, anche se questo crea a più di qualcuno grattacapi”.
I social network aiutano?
“Per quanto ci riguarda, i social aiutano a diffondere l’informazione, ma è soltanto il dialogo diretto quello che davvero coinvolge i singoli”.
Nella nostra regione l’era del cemento è finita o proseguirà?
“Purtroppo andrà avanti e lo dimostra la vicenda in corso a Bicinicco e Castions di Strada con la scusa del campo da golf. Paradossalmente anche i Comuni vicini potrebbero chiedere di diventare turistici marini, dando il via a una metastasi. L’edificabilità ora è ferma a causa della crisi, ma aspetta soltanto il momento buono per ripartire alla grande, senza che ci siano segni concreti che la Regione voglia bloccare il progetto”.
Su quali altri fronti ora siete impegnati?
“Uno dei problemi è quello degli impianti a biogas basati sul digestato di mais. Anche in questo caso è giusto chiedersi se queste iniziative siano compatibili con le produzioni di qualità visto che richiedono coltivazioni intensive, con in più il danno causato dai residui che sono buttati nei campi senza essere opportunamente trattati come è obbligatorio in altri Paesi. Prima decidiamo cosa vogliamo fare davvero dei nostri campi meglio è per tutti”.