Nozze religiose
Il matrimonio religioso, sempre meno diffuso nel nostro Paese, è l’unione tra coniugi davanti a un ministro di culto cattolico, il sacerdote, al quale la legge dello Stato, in forza del Concordato lateranense, stipulato tra lo Stato italiano e la Santa Sede nel 1929, riconosce effetti civili qualora siano osservate determinate condizioni. Per questo motivo il matrimonio religioso è chiamato anche matrimonio concordatario. Quando l’unione è, invece, celebrata davanti a un ministro di un culto non cattolico, si parla anche di matrimonio acattolico.
Matrimonio civile
Sempre più coppie decidono di sposarsi con rito civile, preferendo il Comune alla chiesa. Non è soltanto il primo cittadino, però, a poter celebrare il rito. Oltre all’Ufficiale di stato civile, infatti, esistono altre persone che possono prendere il suo posto, tra questi i consiglieri, gli assessori comunali, ma soprattutto, e questa è la parte più simpatica, qualsiasi cittadino italiano che abbia i requisiti per essere eletto consigliere comunale, ovvero tutte le persone maggiorenni che godono di diritti politici e civili. Insomma, è possibile farsi sposare anche da un parente o da un amico. Basta che abbia tutti i diritti politici e civili necessari.
Unioni civili
Le unioni civili possono essere costituite anche da due persone maggiorenni dello stesso sesso, che si uniscono davanti a un ufficiale dello stato civile e alla presenza di due testimoni. Passo indietro, però, sulla stepchild adoption. Le disposizioni sulle adozioni non si applicano, infatti, alle unioni civili, anche se rimane valido quanto stabilito e consentito dalla stessa legge sulle adozioni. In pratica, rimane valida la giurisprudenza in materia. In alcuni casi, infatti, è già stata riconosciuta la stepchild adoption.
Convivenze di fatto
Oggi, anche i conviventi di fatto sono tenuti alla reciproca assistenza morale e materiale. La legge, infatti, prevede la possibilità di firmare un ‘contratto di convivenza’, che regola i rapporti economici all’interno della coppia e le modalità di contribuzione alla vita comune. Inoltre, se il convivente lavora stabilmente nell’impresa dell’altro, è garantita la partecipazione agli utili dell’impresa. Se i conviventi di fatto decidono, a un certo punto, di lasciarsi, al partner meno abbiente spettano gli alimenti, ma solo per un periodo proporzionale alla durata della convivenza. Non è riconosciuto nessun diritto, invece, in materia di eredità e di pensione di reversibilità.