Anima storica del paese di Fogliano, lei Antonietta Guidolin, classe 1927, da oltre quarant’anni è al servizio della parrocchia foglianina e non è ancora affatto stanca. Anzi. Festeggiati da qualche giorno i 18 lustri di vita, mostra con soddisfazione i tanti fiori che nei giorni le sono arrivati. Segno di affetto e di amicizia di tanti compaesani e dei parenti, che hanno fatto arrivare anche la benedizione papale direttamente da Roma.
Prima di sei fratelli e sorelle, ha lavorato prima come sarta e poi nel cotonificio di Piedimonte Calvario e Gorizia. Anni difficili, sia durante che dopo la guerra. Come quando arrivò a Fogliano il treno merci destinato ai campi di concentramento dell’Europa Centrale, a nei quali vennero stivati anche numerosi foglianini. “Eravamo giovani, capivamo poco di quei momenti di terrore” racconta “ma ricordo bene quando arrivarono i tedeschi per un rastrellamento, e noi avevamo i partigiani nascosti in casa, nel granaio. Se li avessero beccati non saremmo qua, ma per fortuna i tedeschi, quella sera, non salirono”.
Momenti anche di sofferenza. Non tanto per la fame, ma per la povertà: “si mangiava bene, non troppo ma qualcosa di buono in tavola c’era sempre”, racconta mentre i ricordi di una vita passano. Come è passata la storia di un paese sotto i suoi occhi e quelli delle sorelle. I genitori, veneti, erano mezzadri della famiglia Cosolo, la più importante di Fogliano, e il papà, cantore tra le fila di don Narciso Miniussi, famoso compositore foglianino, ci teneva che tutti frequentassero le Sante Messe, e così hanno continuato le figlie. Tanto che, a 90 anni, Antonietta ogni mattina, puntuale alle sette, si reca in chiesa per le pulizie e per controllare se c’è qualcosa da rammendare. Gli occhi vispi e attenti hanno tanto da raccontare, anche se qualche ricordo puntualmente scappa. Ha visto passare nove parroci durante il suo servizio, sette arcivescovi.
E per il futuro? Nessun problema, si va avanti con la stessa grinta di sempre. Unico pensiero per i giovani è la tecnologia. “Noi giocavamo per strada, avremo qualcosa da raccontare. Ma i nostri giovani, sempre sul cellulare?” si domanda, non senza un po’ di preoccupazione. Nel frattempo augura un prospero 2018: “buona fine e buon principio, e il prossimo anno uguale!”.