Il termine ‘Retromania’ per indicare l’ossessione per il passato è stato sdoganato nel 2011 dal libro dell’inglese Simon Reynolds, che vede nei continui revival dei ’70, ’80, ’90, nella rivalutazione del kitsch e dei B-movie, una forma di nostalgia infinita che non porta e non porterà da nessuna parte. Le infinite ricombinazioni che rimescolano le carte, ossia il catalogo di stili offerto dal passato, sono un segnale della fine dell’evoluzione artistica. “Il pop – dice Reynolds – non finirà con uno schianto, ma con l’ennesimo cofanetto”. La colpa? Internet, che permette a tutti, a costo zero, 24 ore al giorno, 365 cinque giorni l’anno, di avere tutto a disposizione, creando una situazione in cui passato, presente e futuro coesistono in forma caotica e la quantità batte la qualità. L’intero universo oggi è a disposizione, magari scaricato e archiviato, ma si dovrebbe passare tutta la vita (per l’esattezza 1700 anni!) solo per poter visualizzare le centinaia di milioni di video presenti su YouTube. Se il presente e il futuro fanno paura e le scelte sono troppe, meglio allora vivere nel passato, farlo diventare ‘culto’ o vintage (il termine che indica i vini d’annata di pregio). E far vincere definitivamente la nostalgia, l’emozione verso un’epoca più felice, più semplice, più innocente. Almeno nei ricordi.
I ‘malati’ di nostalgia soffrono di Retromania
Si dovrebbe passare tutta la vita, per l’esattezza 1700 anni, solo per poter visualizzare le centinaia di milioni di video presenti su YouTube
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