Il parto è lento: dura qualche millennio. Dalla profondità delle acque emerge un’innominata isoletta per l’accumularsi degli apporti scaricati a mare dal Tagliamento. Poco dopo l’anno Mille, qualcuno si accorge della sua esistenza e la battezza Lugnanum. Ovvero: selve infestate da lupi e paludi mefitiche. Passano altri mille anni e nel 1903, proprio sulla testata ‘il Friuli’, s’inizia a parlare di Lignano in chiave moderna. Sito divenuto attraente e dalle straordinarie potenzialità di sviluppo turistico: dieci chilometri di spiaggia, dotata di uno spazioso arenile di sabbia, fine come cipria. Entroterra con dune e una fitta pineta. Il 15 aprile 1903 ecco la posa del primo palo di uno stabilimento balneare, su iniziativa dei maranesi e che sarà aperto al pubblico il 12 giugno 1904 con 40 cabine per uomini e per donne. Segue il primo albergo, il Marin, forte di 50 stanze. Vagiti di un turismo in rapida crescita, ma tutto si ferma per lo scoppio della Grande Guerra. I turisti sono sostituiti dai soldati: italiani, austriaci, con relativi saccheggi, e ancora italiani. Nel 1923 si riparte, ma nel 1936 tornano a soffiare venti di guerra, che, comunque, lasciano due rilevanti ricordi: il magnifico Lungomare Trieste non è altro che l’ex pista per aerei militari e la Darsena fu scavata per gli idrovolanti.
Nel secondo dopoguerra con impressionante progressione arrivano il boom edilizio e il miracolo economico italiano. Su quell’onda nazionale, Lignano nel 1973, forte di 75.000 posti letto, registra 6 milioni di presenze, record mai più superato.
Lignano: lupi, aerei e turisti
Dopo la nascita, i venti di guerra la travolsero. Ma poi arrivò l’onda lunga del miracolo italiano
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