L’ultima a partire alla volta dell’Adunata degli Alpini di Rimini sarà il sindaco di Majano, Elisa De Sabbata, che questa sera parteciperà alle celebrazioni per l’anniversario del terremoto in Friuli.
Una quarantina di penne nere dei gruppi di Majano e Susans sono già arrivate nel capoluogo romagnolo mercoledì. “Raggiungerò gli Alpini sabato in mattinata. Per me sarà la prima sfilata da sindaco, quindi avrò l’onore di rappresentare il mio Comune come gli altri colleghi con la fascia tricolore assieme a tanti primi cittadini d’Italia. Oggi, Majano si è fermata per ricordare le sue 131 vittime del sisma del 1976, una non fu mai identificata. Il nostro territorio fu il secondo, dopo Gemona, per numero di decessi”.
La prima cittadina di Majano all’epoca del sisma non era ancora nata. “Io ho visto e apprezzato la ricostruzione anche attraverso i gemellaggi con altri Comuni, come Traversetolo (Parma) e San Zenone degli Ezelini. Realtà che, nel 1976, hanno dato il massimo per supportare la nostre comunità”.
“Le commemorazioni del terremoto non vanno mai date per scontate, anzi vanno ripetute e vissute con partecipazione per onorare le quasi mille vittime e per permettere ai giovani di trovare ispirazione dalla forza d’animo manifestata dal popolo friulano nella fase della ricostruzione. Una scuola civica che deve essere d’esempio per le nuove generazioni, anche in momenti difficili come quelli che stiamo vivendo, tra pandemia e guerra. Un modello di vera resilienza a cui ispirarsi, con l’auspicio che si possa raggiungere una convergenza politica, come quella avvenuta dopo l’Orcolat, per pensare a una proficua ripartenza”. Questa la riflessione sviluppata dal presidente del Consiglio regionale Piero Mauro Zanin, intervenuto alla cerimonia.
Una forza d’animo racchiusa in una frase che ben sintetizza lo spirito friulano e raccolta in una intervista di Gianni Minà a una residente della frazione di Casasola di Majano: “A cosa serve piangere? Bisogna ricostruire, no?”.
La cerimonia, che ha visto la partecipazioni di autorità civili, militari e religiose, si è svolta in due momenti, intervallati dalla celebrazione della messa: la deposizione di un mazzo di fiori al Luogo della memoria e la lettura dei nomi delle vittime in piazza della Chiesa, ai piedi di quella torre campanaria rasa al suolo dal sisma, ricostruita e ora diventata uno dei simboli del post terremoto.
Il risultato di questa esperienza di coesione su obiettivi e azioni, che giustamente ha fatto parlare di modello Friuli, viene definita l’epopea del popolo friulano, e si è tradotta anche nella rinascita dell’intera Regione, dimostrando quanto importante e determinante sia stato l’esercizio della responsabilità e dell’autonomia istituzionale delle scelte e delle decisioni, nell’ascolto della propria gente.
Un passaggio è stato dedicato, infine, alla nascita della Protezione Civile avvenuta in Friuli e più precisamente, come ricordato dalla sindaca, proprio in una riunione tenutasi a Majano. Un popolo pieno di orgoglio, ripartito anche grazie alla solidarietà ricevuta e mai dimenticata. Quarantasei anni dopo, il Friuli ringrazia e non dimentica.