Se il mondo contadino ha vissuto per secoli quasi prevalentemente attorno a un’unica stanza, la cucina, l’interno borghese dopo la Seconda guerra mondiale, dalla generazione del baby boom in poi, ha celebrato la centralità del salotto, stanza fondamentale per ogni unità abitativa, dalla più piccola alla più grande. Ancora oggi, i sopravvissuti del sogno (filo)americano propongono loft e miniappartamenti, ristrutturazioni e nuove costruzioni che hanno come centro focale proprio il salotto.
Per tutti, tranne che per i cosiddetti Millennials, perché i giovani dai 20 ai 34 anni, apparentemente, non ne hanno bisogno, o forse non se lo possono permettere. A sostenerlo è anche una cosiddetta archistar, l’inglese (nato in Germania) Patrik Schumacher, famoso per certi progetti realizzati anche in Italia, secondo cui le nuove generazioni cercano spazi abitativi più piccoli, visto che sono sempre fuori casa, vivono una vita frenetica e si sono dedicati – volenti o nolenti – a una vita ‘liquida’ in cui certi miti sono scomparsi.
Come il salotto, una specie di unità sociale minima fatta di mega-tv e soprammobili di design, ma anche di forti contrasti tra le sedute ‘importanti’ e certi souvenir kitsch difficili da far sparire. Sparito, invece, il salotto della nonna con le vecchie Tv a tubo catodico, tavoli e mobilia protetti da tovagliette rigorosamente all’uncinetto, ai Millennials non serve più neppure lo spazio dove invitare o incontrare gli amici (dei social e non). E pure il divano, se c’è, serve a ospitare gli amici di passaggio o turisti sconosciuti tramite i servizi di affitto online.
Una questione metà ‘ideologica’ e metà economica, visto che la precarietà economico-lavorativa non permette di investire una buona fetta dello stipendio in affitti o mutui. La soluzione? Chi vive e lavora nelle grandi città, ed è magari alla prima, precaria occupazione, si accontenta di meno di 50 mq, e in una tale metratura il salotto sparisce per far spazio a spazi comuni dominati dal digitale: un incrocio tra il co-working, in versione co-housing, e la domotica. Più che alla Tv, sostituita ormai dallo schermo di un portatile, e alle poltrone, i Millennials sembrano adottare e/o preferire un concetto ‘modulare’ (il box come appartamento? Guardate i progetti delle nuove abitazioni a un piano prima di farvi prendere dal panico…) in cui l’unica centralità sta nella digitalizzazione, nella connessione, nel sentirsi parte di una rete in cui anche il fascino delle mode e dei marchi fino a poco tempo fa considerati un ‘must’ sembra destinato a sparire.