La parola trae un po’ in inganno, non fosse altro per la presenza della parola museo, spesso usata come sinonimo di staticità. E invece, quando si parla di ecomusei si tratta di una delle forme più innovative e recenti di valorizzazione e conservazione del patrimonio locale, sia esso declinato in termini di cultura, mestieri o ambiente.
Il primo a nascere, nel 2000, è stato l’Ecomuseo delle Acque del Gemonese grazie all’impulso della Cooperativa Utopie concrete e all’attenzione del Comune di Gemona che avviarono il progetto del “Centro di Educazione ambientale Mulino Cocconi”. A questa iniziativa segue quattro anni dopo l’ecomuseo Lis Aganis a Maniago e successivamente l’Ecomuseo Val resia.
La rete ecomuseale potrebbe presto crescere
Attualmente, le strutture riconosciute dalla Regione sono sei, ma hanno cominciato a muovere i primi passi due nuove realtà: si tratta dell’Ecomuseo del paesaggio delle rogge promosso dal comune di Reana del Rojale e dell’Ecomuseo della gente di collina proposto dalla neonata associazione “Il cavalir” di Fagagna dove opera da anni la realtà del museo Cjase Cocèl dedicato alla civiltà contadina. Per il 2016 i fondi messi a disposizione delle sei realtà riconosciute ammonta a 230mila euro.